SEGNALAZIONI: Concorso internazionale di poesia


SEGNALAZIONI: Concorso internazionale di poesia "Città di Quarrata"

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 791  
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Con la presente si porta a conoscenza che è stato pubblicato il bando del 29° concorso internazionale di poesia "Città di Quarrata".
Il bando è disponibile sul sito Internet della Proloco di Quarrata all'indirizzo www.prolocoquarrata.it

E' cosa gradita diffondere la presente comunicazione a persone di Sua conoscenza.

Distinti saluti

Il Comitato Organizzatore del
Premio di Poesia Città di Quarrata (PT)



Scadenza: 31 Maggio 2010



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SEGNALAZIONI: Concorso grafico-letterario CisInTandem: Parole e China


SEGNALAZIONI: Concorso grafico-letterario CisInTandem: Parole e China

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 660  
Riceviamo questa segnalazione che volentieri pubblichiamo.


logo del CONIBuongiorno,
vorremmo segnalare alla vostra attenzione la seconda edizione del concorso grafico-letterario CisInTandem: Parole e China, quest'anno dedicato al
giallo.
In allegato copia formato doc del bando e locandina del manifesto.
Ringraziamo in anticipo per il vostro interesse e per tutto lo spazio che vorrete offrire a questo evento.
Saluti.

Segreteria Cis srl

Bando e notizie su:
http://www.cis-gis.it/doc/cisintandem/index.html

CISinTANDEM: Parole e China, il primo concorso culturale che nasce da un’idea molto originale di abbinare due forme comunicative, come la scrittura e l’illustrazione, in un’estemporanea di poche ore.
L’originalità nasce dal presupposto che la creatività collettiva sia superiore a quella del singolo: attraverso questo evento si da la possibilità di partecipare ad una “sfida” creando un prodotto artistico in tandem con un’altra persona.
Obiettivo non secondario, è la promozione turistica delle nostre colline.

Il progetto, unico nel genere a livello nazionale, consiste in un concorso di idee (letterario e grafico) da effettuare in una location del territorio in uno dei 12 Comuni soci CIS.
Il progetto prevede due fasi: la prima durante la quale “si svolgeranno i lavori di creazione” degli elaborati, la seconda durante la quale saranno decretati i vincitori e verranno coordinati dibattiti ed allestite le mostre itineranti (rese disponibili ad Enti o Associazioni culturali).

La durata del concorso, (fase uno), sarà di un’intera giornata (dalla mattina alla sera) e quindi i concorrenti creeranno le loro opere (un racconto breve ed una pertinente illustrazione ) in giornata ed in loco, seguendo una traccia consegnata dalla segreteria organizzativa.
I racconti saranno ambientati nel territorio della Media-Vallesina: i partecipanti che non conoscono le zone, potranno consultare del materiale fotografico ed informativo, per poter meglio ambientare le loro storie e le loro illustrazioni.
Durante la giornata partirà un concorso fotografico dal tema
“Scatti tra parole e china in CISinTANDEM”.

La prima edizione svoltasi nel 2009 è stata un enorme successo, al di là di ogni aspettativa soprattutto in considerazione delle risorse investite, della modalità di campagna pubblicitaria e della novità assoluta di un concorso da effettuarsi in-coppia: la partecipazione di più di cento partecipanti nella maggior parte provenienti da altre Regioni d’Italia, tra essi le professioni più disparate (commerciante, casalinga, giornalista, operaio, disoccupato, infermiere…), tutti hanno dimostrato di aver apprezzato l’iniziativa e l’ospitalità manifestando l’intenzione di “rifare l’esperienza”.
In molti hanno apprezzato particolarmente l’iniziativa per la sua originalità e per l’affluenza dei partecipanti: per questo il CIS ripropone anche quest'anno la seconda edizione.




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SPAZIO SCRITTURA : Le ragazze nate in primavera - di Sara Ferraglia


SPAZIO SCRITTURA : Le ragazze nate in primavera - di Sara Ferraglia

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 1290  
Le ragazze nate in primavera

Le ragazze nate in primavera
hanno nuvole in testa
e vento nei capelli
Le mani come nidi
da riempire di sogni
e di mari in tempesta
Le ragazze nate in primavera
ostinate guerriere
ispirate da Marte
hanno frecce di sole
e faretre di luna
sulle spalle leggere.
Le ragazze nate in primavera
non invecchiano mai
e si vestono a festa,
con mazzetti di viole
fra ingrigiti capelli
per il tempo che resta
.




( Sara Ferraglia)


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SEGNALAZIONI: Concorso Letterario Nazionale L´ANIMA CHE DISPENSA


SEGNALAZIONI: Concorso Letterario Nazionale L´ANIMA CHE DISPENSA

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 666  
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


gentilissimo gestore,

la preghiamo voler pubblicare sul suo seguitissimo sito il nostro bando di concorso letterario. attendiamo una cortese risposta
grazie

assunta e marco


Concorso Letterario Nazionale L´ANIMA CHE DISPENSA
IV Edizione
Concorso Letterario Nazionale
L´ANIMA CHE DISPENSA
organizzato da
OLTRE I RESTI

con il patrocinio della Camera di Commercio di Napoli


Regolamento:

Art.1
Il concorso è rivolto a tutti i cittadini italiani e non, che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età alla data 15 giugno 2009.

Art.2
Ogni autore potrà partecipare a ciascuna delle tre sezioni (art.7):
- Poesia
- Racconto
- Racconto a tema: Il Buio dell´anima
con testi rigorosamente in lingua italiana.

Art.3
Ogni autore potrà presentare per la prima sezione fino a 3 poesie a tema libero per un max di due cartelle ciascuna.
Per la seconda sezione è previsto 1 racconto a tema libero per un max ditre cartelle.
Per la terza sezione è previsto 1 racconto sul tema Il buio dell´anima per un maxdi quattro cartelle.
E' necessario che l'opera/e venga riprodotta in CD (per consentirne la pubblicazione), no floppy disk.

Art.4
I testi devono essere assolutamente inediti e ma i premiati in precedenticoncorsi, pena l'esclusione.

Art.5
Le opere non verranno restituite, fermo restando che i diritti d'autore rimarranno di proprietà dei singoli partecipanti.

Art.6
Il termine ultimo per la presentazione dei lavori è il 15 giugno 2010.
Per l'accettazione delle opere farà fede107 il timbro postale.

Art.7
Ogni autore potrà partecipare, per ogni sezione, versando una tassa di segreteria pari a 10,00 euro, previo accredito sulla postepay intestata a Assunta Mango Cod. postepay = 4023600449328535 . Non si accettano assegni!!!

Art.8
Il plico contenente n°1 copia delle poesie o/e n°1 copia del racconto con cui si vuole partecipare al concorso, il CD su cui è riprodotta l'opera/e, nonché la ricevuta del versamento, andranno spedite ad:
OLTRE I RESTI - Via Pisanelli N° 4 (al Museo) - 80130 Napoli.
Sulla copia (in alto a sinistra) dovranno essere indicate tutte le generalità dell'autore (nome, cognome, indirizzo completo, data di nascita, num. di telefono ed e-mail).

Art.9
A tutti i vincitori e segnalati sarà data tempestiva comunicazione telefonica o via e-mail dei risultati del concorso. Tali risultati, con le opere vincitrici, saranno inoltre pubblicati sul sito www.oltreiresti.it.

Art.10
I partecipanti sollevano gli organizzatori da responsabilità per danneggiamenti, furti o incendio delle opere durante il trasporto.

Art.11
Le decisione della giuria sono insindacabili.

Art.12
La consegna dei premi avverrà sabato 7 luglio 2010 a Napoli, presso il Caffè dell'Epoca sito in Via Costantinopoli, 82 a Napoli.

Art.13
Per ogni sezione PREMI:
1° classificato: 300 euro;
2° classificato: Stampa antica;
3° classificato: Stampa antica.

Art.14
Durante la serata potranno essere assegnati altri premi (critica, popolarità,...) a libero giudizio della giuria.

Art.15
E' inoltre prevista la pubblicazione di una Antologia nel caso in cui i testi particolarmente meritevoli fossero numerosi.

Art.16
I premi dovranno essere ritirati personalmente durante la premiazione o previo delega. Nel caso in cui non fosse assolutamente possibile il ritiro, potrà essere spedito presso un indirizzo valido, ma l'assenza alla premiazione dovrà essere comunicata almeno due giorni prima, e le spese di spedizione saranno a carico del vincitore.

Art.17
L'iscrizione implica l'accettazione in toto del presente regolamento.

Per info:
349 13 86 203 - 349 13 86 203
329 72 39 875 - 329 72 39 875

Email: oltreiresti©libero.it
Sito web: http://www.oltreiresti.it



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SPAZIO SCRITTURA: Lo scatto di un gatto - di Sara Ferraglia


SPAZIO SCRITTURA: Lo scatto di un gatto - di Sara Ferraglia

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 4321  
Condivido, ormai da molti anni, cinquanta metri quadrati con il Poeta, che declama i suoi versi ad alta voce di giorno, di notte e in ogni stagione dell’anno, fino allo sfinimento. Col tempo, anche per me, la rima è diventata prima un’ossessione, poi una naturale forma mentis: penso solo a frasi brevi e, di solito, in rima.

( Mi fermo e poi scatto
Lo sguardo di un gatto
Dal vetro appannato
Di quel caseggiato )

Non ricordo nemmeno quando è cominciato. Ci fu un momento in cui decisi che preferivo uscire la notte, per non sentire più la sua voce e da allora fu così.
“Ma come? Esci con una sera da lupi come questa? C’è una nebbia che si taglia col coltello.”

( Mi fermo e poi scatto
E sempre quel gatto
Si struscia sul muro
Là dov’è più scuro )

Mi struscio languidamente conto lo stipite della porta e con lentezza scivolo fuori, nel buio
“Aspetta...vieni dentro…oh anima ingrata non m’abbandonare!…” il tragico lamento del Poeta mi annebbia la mente...un ultimo sguardo alle mie spalle e poi la rapida e silenziosa fuga.

( La voce attutita
Nel silenzio invita
Qualcun a tornare
E il gatto scompare )


Una notte che mi trovai a passare da Borgo Onorato cominciai anche a camminare in modo diverso, a scatti, brevi corse seguite da altrettanto brevi pause contro il muro e nei portoni bui e da allora cammino così, furtivamente. Se poi la nebbia cala sulla città, l’atmosfera è ideale per sciogliere le briglie della mia dimensione animale.

( La nebbia m’avvolge
E tutto stravolge
In fondo alla via
Qualcuno mi spia )


Dalle cantine e dalle fogne, in notti come queste escono i topi a rovistare nelle immondizie e adesso i piccoli occhi di uno di loro mi stanno fissando da sotto un cassonetto.
Immobile, i muscoli tesi, il mio sguardo che incrocia il suo e lo ipnotizza…
“Sei morto, sei finito piccolo essere schifoso…” voglio godere ancora del brivido che mi dà l’attesa e poi il balzo finale.


( La strada deserta
Dal buio coperta
Nel nulla io scatto
Lo scatto di un matto )

La nebbia sta depositando gocce di vapore sul mio pelo, fa freddo ma mi sento meglio, tornano i pensieri normali…niente rime…solo parole slegate…niente rime…che sia la fine di questo assillo? Sono piena d’energia, sono carica del sapore della conquista, della soddisfazione del predatore che ha catturato la sua preda, come tutte le notti.
Pochi passi e sono in Borgo Felino: in questo vicolo annuso le tracce d'altri passaggi, segno il territorio per tenere lontano i nemici sempre più numerosi e sinuosamente mi avvicino a casa mia.
Passi nel buio che risuonano nel silenzio del vicolo, incrocio la Berta, una vecchia senzatetto in cerca del suo angolo di strada per la notte; ha le calze rotte e un tacco che sta per staccarsi dalla scarpa.
“Fuori anche stanotte? Ma perché non ci facciamo compagnia qualche volta? Non ti mangio mica se ti fermi un po’ con me, sai?”
Ignoro la sua invocazione piagnucolosa e le passo di fianco, fiutando la scia di sudore e urina rancida che lascia al suo passaggio. Poco più in là mi fermo e mi volto per guardarla: mi fa così pena che per un istante penso di regalare a lei il trofeo di stanotte ma non posso, è per il Poeta, che mi aspetta a casa, insonne, coi capelli grigi lunghi e scompigliati dalla follia, con la camicia strappata e sporca, con le ciabatte vecchie e scalcagnate…il mio Poeta…dal quale fuggo per poi tornare sempre.
Entro dalla finestra del piano terra, abbandono il topo morto sul tappeto e mi sdraio vicino al caminetto acceso aspettando che il fuoco mi scaldi le ossa.
“Perché? Perché ti comporti così? Cosa posso fare con te per convincerti che non sei un gatto? La tua è pura follia…tu sei la mia compagna, stai con me da anni, dormi, mangi, condividi con me gioie e dolori…e tu fai queste cose schifose, esci la notte, uccidi topi, rientri sporca e distrutta” il Poeta con rabbia raccoglie il trofeo e lo getta dalla finestra.
Mentre lui davanti allo specchio recita la sua ennesima farsa e piange, grottesca maschera di disperazione, fisso la fiamma nel camino e intanto mi pulisco con cura le zampe e il pelo ancora umido e aspetto che arrivi un nuovo giorno. Sta sorgendo il sole e i suoi primi raggi mi trovano raggomitolata sul tappeto mentre fingo di dormire per non sentire la voce del Poeta che recita, quasi urlando, una sua vecchia ode. Anche questa nottata è trascorsa insonne per entrambi, altra notte di equivoci.
Bussano alla porta e io scatto in piedi, tutti i sensi vigili…so già chi c’è là fuori.
“La vuole smettere di urlare una buona volta? Non è possibile che tutte le notti faccia questo baccano! Qui c’e’ gente che al mattino deve andare al lavoro, brutto vagabondo, fannullone buono a nulla…io la denuncio, la faccio sfrattare…accidenti a lei e a quella maledetta bestiaccia della sua gatta, che mi riempie il cortile di topi! Maledetti tutti e due…” un ultimo colpo alla porta e poi i passi si allontanano.
“Mi fermo e poi scatto…lo sguardo di un gatto…” sussurro sorniona all’orecchio del Poeta mentre gli passo accanto e, silenziosamente e lentamente, vado a rannicchiarmi in quelle morbide coperte che mi avvolgeranno per buona parte della giornata, perché io vivo di notte.


Sara Ferraglia


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SPAZIO SCRITTURA : La ragazza-pitone - di Marta Campi


SPAZIO SCRITTURA : La ragazza-pitone - di Marta Campi

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 1291  
La ragazza-pitone
di Marta Campi


Ho iniziato a notare una ragazza qualche settimana fa, dalla vetrata del bar dove sono in prova. Ogni giorno la ritrovo alle 9.00 in punto, allo stesso incrocio. Anche ora è lì. Ferma al semaforo. Pronta per attraversare le strisce, bianco-evidenziate. Vestita con una gonnellina marrone bruciato, scarpette basse, giacca dal taglio maschile color senape e un grosso sciarpone verde che l’avvolge come un pitone, quasi, nascondendole parte del viso… Alcune persone le si fermano accanto, altre leggermente dietro. Ma Lei non si cura di nessuno, guarda fisso dall’altra parte della strada ed è come persa attorno a un fantomatico punto che punge il suo sguardo da giorni. Ma non appena il semaforo segnala il via libera ai pedoni, lei resta, lì, ferma, scavalcata dalla fretta dei passanti. Poi il suo viso si fa scuro e inizia indietreggiare, spaesata, come se fosse in preda a un'agitazione sommessa… Nel bar, le solite ordinazioni, io cerco di soddisfare tutti il più rapidamente possibile, per non perdere quello che sta diventando, giorno dopo giorno, un’ossessione. Stavolta, però, quando mi sono voltata all’incrocio, a far da piantone, solo un ragazzo magrolino con uno zainetto rosso, stracolmo, pendente sulla spalla sinistra. Così sotto gli occhi furiosi del mio capo e quelli interdetti dei miei clienti ho piantato in asso tutti e sono uscita fuori, per strada. Avanti e indietro i miei occhi persi lungo il suo percorso fisso. È come sparita, di nuovo. Sicuramente ha già girato l’angolo, il secondo dopo il semaforo, quello più lontano dalla mia traiettoria, per intenderci. E ogni volta che accade, ogni volta che la perdo mi sento, per assurdo, in uno stato di abbandono… Dall’interno del locale una voce più che alterata mi ricorda le nuove ordinazioni, tre caffé al tavolo, di cui uno al vetro e due macchiati caldi. Li faccio, desiderando di avere al collo un pitone per sciarpa.




Marta Campi nasce nel 1976 a Roma, dove vive. Scrive articoli e recensioni su Musikbox, rivista musicale che predilige il sound anni ´70, pur mantenendo un occhio di riguardo per le giovani (e no) promettenti "leve"; sta curando Vintage! che da rivista è stata trasformata in libro, il primo volume, interamente dedicato al 1969, è di prossima pubblicazione; collabora come freelance per alcune case editrici romane, per le quali svolge lavori di editing, ricerche, valutazioni testi inediti. La raccolta di poesie Apnee fa parte del VI quaderno di RebStein, a cura di Francesco Marotta; il racconto Estasi è stato pubblicato su Artemisia e La Poesia e lo Spirito, a cura di Fabrizio Centofanti.

È membro del blog collettivo Anarchica.net.



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SEGNALAZIONI: Premio letterario Lago Gerundo - Europa e cultura - VIII edizione


SEGNALAZIONI: Premio letterario Lago Gerundo - Europa e cultura - VIII edizione

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 655  
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Premio letterario Lago GerundoMi permetto di segnalarle il Premio letterario "Lago Gerundo" - Europa e cultura VIII edizione.

E' possibile scaricare il bando, conoscere la Giuria e reperire ulteriori informazioni sul sito lagogerundo.org.

Un saluto cordiale

la segretaria
Rosy Lorenzini



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SEGNALAZIONI: Bando concorso letterario -Il Giunco- 14° edizione


SEGNALAZIONI: Bando concorso letterario -Il Giunco- 14° edizione

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 810  
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.


Associazione Il GiuncoBuongiorno,
inviamo in allegato il bando della XIV° edizione del concorso letterario –Il Giunco-.Questa nostra iniziativa è totalmente destinata ad autofinanziare il fondo delle borse di studio che ogni anno eroghiamo a giovani in difficoltà familiare.
La nostra attività è illustrata nel nostro sito www.ilgiunco.org - 65 mila visitatori - e siamo a Vs. disposizione per qualunque chiarimento.

Vi ricordiamo intanto che sul nostro sito è già disponibile il servizio fotografico della premiazione 2009.

Vi inviamo in allegato anche il bando del concorso amico “LE QUATTRO PORTE”.

Vi ringraziamo sentitamente e Vi rivolgiamo i più cordiali auguri per le Vs. iniziative.
Associazione - Il Giunco ONLUS -


Per informazioni, consultare l sito www.ilgiunco.org



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RACCONTI: I rubini nella notte


RACCONTI: I rubini nella notte

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 1105  
Si può parlare di nostalgia per il luogo di nascita? Nel mio caso forse no, se penso che quando ci torno e mi scappa la nuova cadenza risulto straniero. In un mondo, poi, in cui tutto cambia e il domani è già ieri si passa per stantii.
Ma oggi no, per una volta crepi la vergogna e viva madama tristezza, la ricordanza è una stella in perpetua vibrazione. Anzi, più il tempo scappa via più questa dolce malinconica signora, giovane vecchia ridente ragazza – ancorché fiera per arte, usi e gentilezze – ebbene sì, io temo svanisca, come l'aria di fresie al solstizio di Pasqua.
Un timore che prelude all’oblio? Non direi. Certe notti, quando il sonno è leggero, e la pioggia sui vetri risveglia i pensieri, quella donna riappare.
"Bonsuarè", le sorrido, guardando alla sua veste di stracci e rubini.
Fa la zita contegnosa, scuote il viso, lo atteggia come a dire 'mannaggia a' capa tua', poi china gli occhi. Per rialzargli di scatto, grandi e lustri di gocce di rugiada:
"Ma quando vieni? lo sai che ti aspetto"
"Ancora poco, mammà, sistemo un affare e faccio un salto".
"Eh, i salti! li conosco i tuoi arrivi. Un museo, pranzi e cene dagli amici, i pastori a san Gregorio e te ne vai. Neh, Tanì, è vero che nostro figlio è proprio un fetente?"

Mio padre ha il viso scavato, l' ho sempre sovrapposto a quello di Eduardo. "Se se, te cunosc'io attè, sei un ruffiano", mi sorrideva in vita compiaciuto.
Ora, in quelle notti di neve, se li vedo apparire, prima l'una e poi l'altro, la mano nella mano, i dubbi si fanno cicuta. Che bevo come un Socrate che accetta la colpa:
"Ma vi trattano bene? tutto a posto? guardate che caccio fior di biglietti!".
"Per carità, tutto bene. Sei d'accordo?", risponde lui rivolto alla moglie.
"Sìssì - ribatte lei -... che ti devo dire, lamentarci direi di no. Luce sempre accesa, marmo a cera... quand'è stato, Tanì, che sono venuti? ah sì, l'anno scorso. Sai com'è, s'era un poco scurito...."
"Eccerto, apposta ho telefonato, anzi, visto che c'ero ho mandato i soldi per i fiori".
Qui mio padre cambia espressione:
"Quelli finti?"
"Erano finti? e lo so, hai ragione. Ma dimmi tu, come faccio da così distante?"
I rubini di mia madre si incendiano come tizzoni, di una luce che non è lampo di gemma ma il riflesso di un amore.
"Appunto - mi carezza la mano - una volta almeno potresti venire di persona".

Carlo Capone


Pubblicato su Parliamone - 10 gennaio 2010
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racconti   
RACCONTI: Gli inquilini di Barbarossa


RACCONTI: Gli inquilini di Barbarossa

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 1875  
Nota dell’autore: ieri si è svolta l’anteprima del film TV "Barbarossa". Penso che questa surreale storiella sia attinente. C.C.


Intanto chiariamo un concetto. Io non sono un vampiro, non mi diverto a succhiare il sangue agli inquilini. Sono un signore di mezza età, un tipo tranquillo, magari cocciuto, che arrotonda la pensione con l’eredità paterna. Per carità, niente di speciale: tre poderi a Gorgonzola, qualche negozio in zona Fiera e due box a Gallarate. E allora?, già mi fischiano le orecchie, hai la vecchiaia assicurata, con tutti quei soldi degli affitti!
Già, le prebende. Madonna quando viene la fine del mese! Più si avvicina la scadenza e più mi faccio le pere di valeriana. Affittare è un po’ morire, dice il proverbio, e ogni volta che passo a riscuotere rischio l’infarto. Metteteci pure le difficoltà di lingua e capirete il motivo delle mie pene. Voi non sapete, non potete nemmeno intuire: quei furbastri le inventano tutte pur di fregarmi. “Come dice? parli italiano, per piacere, non capisco”, una delle più bislacche. Ma quale italiano! Ma chi sei! Tanto per cominciare, voi l’italiano lo parlate come io l’ostrogoto. Neanche un dialetto, ecco cos’è il vostro idioma, un miscuglio cafone di rozzi fonemi. E la chiamano lingua, ‘sti terroni!
Un giorno ho perso le staffe:
“Scusate, ma non ve l’ha detto nessuno, non vi è mai punta vaghezza che a stento mettete una croce e fate due più due?” “Perché”, mi hanno rinfacciato, “tu lettere e filosofia?” “Che c’entra, io sono un signore, uno coi quarti, mica un volgare mercante di chiodi, cavoli e scarpe!”.
Che schifo. Ogni volta che passo a incassare mi viene il disturbo. Sporchi, vestiti male, tutto il giorno a trafficare in quei buchi. E poi: cupidi, scaltri, sempre pronti all’affare! ‘Lavurà danè, lavurà danè’, il loro motto.
Il mese scorso m’è venuta l’idea. E se cambiassi look? Se dipendesse dalla faccia? A volte è anche l’aspetto che ispira antipatia. Sono andato dal rigattiere e ho comprato una barba. E, visto che c’ero, anche i baffi e una bella parrucca.
“Come sto?”, ho chiesto al ferramenta.
“Ti manca solo il naso e sei un pagliaccio coi fiocchi”.
Per non parlare dello scarpaio. “Ehi, Tudesch, perché non ti compri le ciabatte? Così fai la befana, oltre babbo natale”.
Befana e Babbo Natale non me l’ha mai detto nessuno. Ho strappato la barba e mi sono avvicinato col sangue agli occhi:
“Tu mi paghi i tre mensili arretrati, e chiedi pure scusa. Hai capito, brutto pezzente? altrimenti ti becchi l’ingiuntivo!”.
Non si è scomposto. Anzi, si è messo a dispetto:
“E io chiamo l’Alberto!”
L’Alberto, il ragioniere dell’Associazione Inquilini. E’ lui che da un po’ mi guasta le notti. Un esaltato, un febbricitante tribuno che mi accusa di parassitismo, di essere un figlio di papà che campa sugli altri. Se provo appena a chiedere l’aumento, se mi azzardo a invocare l’osservanza dei patti, sapete che rispondono?: “Devo chiedere all’Alberto”. Come, che significa ‘devo chiedere all’Alberto’? Ma tu sai chi sono? Nessuno ti ha spiegato che senza di me vai a fare il marocchino? Finisci a vendere i fazzoletti in Galleria?
Stavo per mangiarmi la barba, e pure i baffi, e anche il naso, comprato apposta per compiacere ‘sti bruti. Ma vedi a che si riduce un proprietario, continuavo a dirmi, mentre risalivo le valli.
“Fatti furbo”, mi ha suggerito allora la moglie, “parlaci a quattr’occhi, con questo signor Alberto, e trova un accordo”.
“Ma non si può, è anticostituzionale! E poi: mi ci vedi, con i quarti, e le castella, e le convalli e le prammatiche sanzioni, andare a mischiarmi con uno che se la fa coi bottegai?”
Quella donna è la seconda delle mie rovine. Io non la capisco. Bella, ricca, altera, con un casato che discende da Goffredo di Buglione, e viene a propormi simili transazioni!
“Senti, amico”, mi ha risposto, tirandomi l’elastico della barba, “qui non è come ai bei tempi, quando facevi il porco comodo che ti pareva. Se non ti svegli fai la fine di mio nonno”.
“Chi, Buglione?”
“No, co…, vabbè lasciamo stare, che mi viene il lapsus mentale”.
E così sono andato.
La sede del Comitato Inquilini è al piano terra di una villetta. Il tipo vi ha fatto casa e ufficio, l’appartamento dove abita restando al piano di sopra. Appena bussato è venuto ad aprire un furetto con il sax sotto il braccio. Aveva gli occhi vispi, i capelli rasati e un ghignetto da schiaffi.
“E’ un iscritto?”, mi ha detto, dopo essersi accomodato a una scrivania e avervi deposto il sassofono.
Mo’ te lo tiro in fronte!, mi stava venendo, e gli ho lanciato un’occhiataccia.
“Come ha detto?”, ha arricciato il naso. Con un fare così arrogante che a momenti dimenticavo i quarti. Poi mi sono ricordato del lapsus di mia moglie. Ho aggiustato naso e parrucca e ho cominciato:
“Veramente sono venuto a parlare di affari. C’è l’Alberto?”
“Prego, ci sto qua io”.
“No guardi, è personale, dovrei parlare con lui”.
Dall’altra parte silenzio. Ha alzato le sopracciglia, frenando a stento uno sbuffo, poi ha mimato il gesto di turarsi il naso:
“Ohè, barba, è già molto che ti ho fatto entrare. O sputi l’osso o smammi”.
“Messere”, sono scattato in piedi, “moderi il tono, intanto. Lei sta parlando con uno coi quarti”.
“E lei con uno di Quarto”.
“Ah, sì? E quante palle?”. Sono un signore, alludevo allo stemma.
“Quanto basta”, ha ribattuto, “ma io mi riferivo a Quarto Orgiaro”.
Allibito, rimasto di sasso, anzi di sassone.
“Messere, si ritenga sfidato”, gli ho vomitato, rosso da barba a piedi.
“Ma lavati, che puzzi!” mi ha tirato il sassofono –sarà un’allusione?- che ho evitato con una finta di Busto. E sono scappato.
Mentre risalivo le valli, e le convalli, e le castella, elucubrando di ICI e l’alte tasse, in preda a una prammatica incribbiatura, ho sentito il bisogno di fermarmi. Disceso dal destriero, sono inciampato in un sasso – sarà un segno?- e (per non cadere: io, l’armatura, la barba e il naso finto) ho dovuto puntarmi ad un pioppo. “Razzisti!”, vi ho pianto, dilaniato da rabbia e umiliazione, quando…
… quando ad un tratto ho fissato il pioppo ed è spuntata l’idea:
“Vado all’UPPI, l’Unione Piccoli Proprietari, e li aggiusto!”
Ho ripercorso le valli, e le convalli, ed i passanti, e le bretelle, caracollando su quel ciuccio di destriero. Che è pure mancino, porta l’incomodo a sinistra e non monta briglie di sicurezza. Una fatica guidare quella bestia: difetta di tenuta, soffre di labirintite e tira da un lato. Pensare che me l’avevano garantito - ‘un’occasione, non ha fatto neppure il tagliando’- ma lasciamo andare. Dunque, ero allo stremo, pensavo di chiedere un passaggio quando, tra le brume, visto e non visto, è spuntato il maniero. “Finalmente”, ho sospirato, “ma domani vado dall’equilibratore”, e ho dato di sprone. Dalla parte sbagliata, dannazione, quella relativa all’incomodo, e con il seguente putiferio a catena: testacoda selvaggio, frizione a pezzi e derapata sul ponte dove il marrano, invece di puntare l’arco, si è infilato dritto nel fosso.
“Questa me la paghi, me la pagate tutti”, imprecavo all’Alberto, ma anche al rivenditore di destrieri, nell’avvitarmi per umide scale, scivolando lungo immensi corridoi, a rischio di ruzzolare per la passata a cera. Cribbio, che supplizio. Sputavo acqua, vomitavo rane, draghi e folletti mi facevano ‘maramiao!’.
In più, c’era il problema dell’armatura.
Glielo dico sempre a quella disgrazia di consorte. “Fammi trovare le inox, si consumano di meno”. Ma figurati. “Te le stiri da te. Con quello che costano le filippine!”, mi risponde con la solita alterigia. Da pigliarla a schiaffi.
E insomma. Sono arrivato ad una porta. L’ho spinta, ho fatto capolino e per la meraviglia si è abbassata la visiera. C’erano tutti! tutti gli Affittuari di Europa, seduti a un tavolo in lapislazzuli.
“Olà, barba!”, mi ha apostrofato Luitpoldo, Gran Proprietario del Palatinato, “problemi alla carrozzeria?”
Con lui ho avuto controversie legali, per via di un usucapione finito a schiaffi. Non ho ritenuto di degnare.
“Olà!”, si è aggiunto in quel mentre Lothar, Usufruttuario di Magonza. E subito gli hanno fatto eco Wittelsbach, Alto Locatore di Treviri, Cuno, Gran Comodatario del Tirolo, Sigmund e Polkosky, Nudi Possessori di Boemia e Polonia.
“Olà”, “Olè!”, “Cucù” ,“Tettè”, mi hanno via via salutato, sguainando le lame.
Lacrime, singhiozzi di commozione. Nel tumulto di sentimenti ho ingoiato un ranocchio. Poi, con gesto solenne, ho alzato la visiera: “Amici”, ho sputato il rospo dopo un rutto imperiale, “grandi e giusti proprietari, una funesta novella vi do”.
“Il blocco degli sfratti?”, sono balzati tutti in piedi.
“No!”, ho scosso il capo con forza, per scacciare l’ennesima rana dal collare.
Un silenzio, rotto da un sommesso gracidio, è calato dall’alto: una schiera di celate mi puntava in viso. Che ho chinato e poi rialzato, per fissarli tutti, a uno a uno, ed infine sbottare:
“L’han giurato, li ho visti in SUNIA, convenuti da Pero e Besnate, l’han giurato e si strinser la mano, inquilini di mille città…!!!”

Quanto in seguito accaduto non andrebbe riportato. Posteri faziosi potrebbero travisare. Ma come non riferire delle cento testate al muro di Luitpoldo, e dell’elmo sbattuto in terra, più volte calpestato e poi scagliato dalla finestra, del nobile Lotario? Come non testimoniare delle roventi chiamate di Sigmund e Polkosky ai rispettivi notai- “Fermate le donazioni in vita, c’è puzza di rogna!”, l’accorato appello. E perché tacere del pianto di Wittelsbach, cui sorte maligna e videopoker fatali hanno destinato l’affitto della casa al mare a giovani sposi in attesa di prole? No, gloria e blasone dei proprietari pretendono dica ogni cosa. E tutto riferirò, financo le amarezze.
Si adunano truppe, si apprestano bivacchi, schiere di arditi armano catapulte. E paggi, scudieri, maniscalchi, lisciano mazze, lamano stocchi, ferrano destrieri. “Olà!”, “Pepè!, “Risciò!”, “Ricchiò!”. L’aere di Legnano è scossa da grida e sproni mentre lontano, sortita da Castellanza, muove l’indegna truppa di straccioni. Dalla mia postazione sulla collina, in sella a un destriero in leasing e con l’incomodo a posto, ne osservo le sconce fila e ascolto i loro motti. “Lavurà!”, inneggia Folcacchiero da Bresso, un passo dinanzi a tutti. “Danè!”, gli fa eco da terga Guidotto. E con essi berciano, agitano contratti, Bucchione da Varallo, Castrino Castragatti, Ariberto da Lomazzo, Chiavarello da Biandrate e Azzino da Muggiò.
“Vinciamo sei a zero!”, sento Luitpoldo sussurrarmi all’orecchio.
“E così conquisteremo l’Europa!”, gli grido fiero, quando lui sgomma e si avvia alla pugna.
Faccio per imitarlo ma scoppia il solito casino. Causa freno a mano tirato mi si pianta il cavallo e termino faccia a terra.
“Ohè Barba, hai passato la lozione?”, sento Bucchione sghignazzare, mentre mi netto dallo sterco di destriero.
“Vile inquilino”, non ci vedo più dagli schizzi e mi avvento.
Infuria la pugna, si spande la puzza, il campo è un tumulto di interventi straordinari, spese di portierato e finite locazioni.
“Olà marrani, cacciate le ingiunzioni”, urla Polkosky all’indirizzo degli ufficiali giudiziari.
“E tu quanto ci dai?”, ribattono gli infidi, prima di arretrare e darsela a gambe.
Polkosky afferra la mazza e li insegue. Ha l’aria stravolta, gli occhi iniettati e l’armatura in pizzo. Nobile Polkosky! Non sai quale destino ti aspetti. Scorge il branco riparare in un fienile e si addentra. “Vi ho in pugno!”, tuona, varcata la soglia, “è una vita che mi fate fesso!”. Si gira, osserva ansimante, nessuna traccia dei vigliacchi. Prova ad insistere: “Olà, meschini, fatevi sotto!”. Ancora silenzio. Cieco di rabbia Polkosky si porta a un mucchio di stoppie e ne fa strame. Un galletto ci rimette la cresta e quant’altro. Si guarda intorno sgomento: rivoli di sudore gli solcano il viso, il fiato si fa grosso, quel giusto prende a dubitare. A un tratto, fulminante come un ictus, ode il suono di una pernacchia. “Pernacchia a me?”, freme di sdegno. “Uscite, serpenti, acciò vi tagli il gozzo”. Di nuovo, raggelanti e impreviste, le note fatali. “Ma questo è un sassofono!”, si domanda incredulo Polkosky. “E c’è pure la tromba!”, ghigna qualcuno dall’alto. Polkosky alza gli occhi e vede l’Apocalisse. Schierati sul ballatoio ci sono il furetto, l’orchestra Casadei e lui, il famigerato Alberto.
“Sei in trappola, cavaliere!”, grida l’Alberto. L’ottone della sua tromba lancia lampi sinistri.
Il nobile Polkosky, forte di sei legittime e in odore di usufrutto, non disarma. “Venderò cara la multiproprietà, losco inquilino!”, e fa le scale a quattro, la mazza bene in vista.
Pochi gradini e la piattonata di ‘Romagna mia’ lo colpisce in pieno. Sbigottito, l’un dei cigli fesso, il naso a foggia di popone, alza lo sguardo e osserva stranito. Tutto, tutto gli gira intorno, dai cosiddetti al gallo che ancheggia come una guapa di Tegucigalpa, in un vortice di trombe, urla e schiamazzi. Arretra, il prode, sente scemare le forze, stordito da lisci, paso doble e mazurke. L’Alberto, Casadei e il furetto esultano, capiscono che è fatta. “Tu sei la mia… malinconiaaa!”, infierisce Casadei e a quel punto, ahi sorte maligna!, il lume si smorza. Dopo un grido straziante il nobile Polkosky cade in ginocchio, implora alla teppa: “Yesterday! suonatemi almeno quella!” e crolla stecchito.
E’ il segnale! L’intera banda occupa un rimorchio a sei ciucci e irrompe all’aperto.
“Ma cos’è, il Mino Reitano show?”, trema Wittelsbach alla vista. Dall’alba si batte con Folcacchiero e Castrino, a colpi di ISTAT e libere pattuizioni. E adesso che la sorte arrideva avvista lo spettro dei contratti collettivi.
“Ti è piaciuta la musica? E ora stipula!”, grida Alberto dal rimorchio, in un trionfo di ragli e ottoni.
“Vuoi farmi paura?”, lo sfida Wittelsbach, cui il coraggio di locare mai fece difetto. E in un lampo infilza Castrino in ossequio al cognome.
E’ troppo. “Passami i sette e quaranta!”, abbaia Alberto al furetto. Con esito che annienta i proprietari. D’incanto le schiere di quei nobili sbiancano in viso, depongono l’armi e si danno a riflettere. “Chi mi restituirà, chi!, la casaforte di Magonza”, medita in silenzio Luitpoldo. “Le mie vigne, il fittavolo di Bressanone!”, sospira Cuno. “Il Garage, i box di Treviri!”, piange sommesso Sigmund.
“L’avete dichiarato l’affitto?”, tuona all’improvviso l’Alberto. I suoi occhi sono fornaci, le sue mani grondano sangue. Il sangue di Wittelsbach, giustiziato alla nuca con un dieci più venti a revisione zero.
“L’avete dichiarato???”, ripete stravolto il capo degli inquilini, e per poco non ruzzola dal rimorchio. Ratti lo afferrano due conduttori di Gallarate.
“Allora?”, sbraita alla piana, attonita e zittita, la birra stretta nel pugno.

***

E allora? E allora eccomi qui all’ufficio delle imposte. Costretto a un’umiliante registrazione, guardato a vista mentre dichiaro l’affitto. Niente nero, ha imposto l’Alberto nel contratto di resa. “Ti riferisci agli extracomunitari?”, ho azzardato, in un rigurgito di speranza.
“Può darsi”, ha sorriso beffardo, assestando un gran pugno sul cranio del furetto.


Carlo Capone


Pubblicato su Parliamone - 4 ottobre 2009
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