EDITORIALE : Il caffè e la scrittura


EDITORIALE : Il caffè e la scrittura

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tazzina di caffèChe scrivere sia un piacere lo trovo discutibile. Scrivere non è un piacere, è un'ossessione, originata da un principio che definiamo esso sì di piacere. E' cioè la trasposizione, mediata dall'Io, di un'urgenza libidica in cerca di oggetti. Il piacere, allora, consiste nella buona resa di questa mediazione, in genere testimoniata dall'affiorare di un senso di pienezza. Accade, ad esempio, quando giudichiamo che un dialogo abbia messo in luce un aspetto cruciale di un personaggio (magari grazie a una semplice battuta mai affiorata finora). Oppure se stimiamo, ma è corretto dire 'sentiamo', che la descrizione di un ambiente o di un paesaggio contribuiscano a una certa efficacia narrativa, non siano insomma il pretesto per autopiacersi. O ancora, nel caso in cui l'apparizione di una nuova figura illustri meglio il personaggio principale. A questo proposito espongo un esempio...

A me autore è chiaro che Tramaglino debba essere un bravo giovanotto, timorato di dio e della legge, e in fin dei conti capace di difendersi dalle insidie dei tempi, tant'è che lo munisco alla cintura di un coltello dal manico intagliato. D'accordo, ma secondo i piani Tramaglino deve anche essere un po' pirla, nel senso affettuoso del termine, insomma credulone (è una necessità imposta dai fini ultimi per cui scrivo il romanzo, al di là delle contingenze di racconto). E' tutto pronto. Gli aspetti principali del carattere li ho delineati (consulto legale, sera delle beffe e così via) ma manca il tocco decisivo, l'espediente che ne illustri la creduloneria. E perciò lo induco a farsi coinvolgere dai tumulti provocati dalla carestia e lascio intendere al lettore che quanto meno è un soggetto influenzabile (specie trattandosi di un provincialotto nella metropoli tentacolare). Ma non basta, occorre qualcosa di esaustivo: la pirlata. E qui c'è da soffrire, ascrivendo tale pena allo scrittore in quanto persona. Intanto perchè, poniamo, Tramaglino gli sta dannatamente simpatico e poi perchè intuisce che vestirlo da ciulato indurrà lui autore in resistenza. Il preconscio, voglio dire, farà le bizze, giudicherà la manovra in contrasto col principio di piacere, col risultato di precludere all'Io il flusso mediato dall'azione creativa. Blocco, frustrazione, autore che si avverte inadeguato, e se affllitto da istanza punitiva sofferente di insanabile angoscia. In alcuni casi l'impasse può durare parecchio, se non proprio condurre a una rinuncia del progetto. Nel nostro caso dobbiamo supporre che l'autore trovi un compromesso, tra principio di piacere, ragioni dell'Io e permeabilità del preconscio. L'attuazione di un simile accordo prende allora forma in Ambrogio Fusella. Che è un viscido (dunque, il suo raggiro non svaluta il personaggio) ed ha il pregio di assumere funzione descrittiva del tal difetto di Tramaglino.

Secondo me il piacere di scrivere, se esiste, sta tutto qui. Un po' come lo slogan pubblicitario della Miscela Lavazza: "Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?"

Carlo Capone


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