EDITORIALE : IL VENTRE DA SQUARCIARE


EDITORIALE : IL VENTRE DA SQUARCIARE

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Matilde Serao - Il ventre di NapoliMatilde Serao scrisse Il ventre di Napoli tra il 1884 e il 1904. Mai come in questa occasione il riferimento cronologico si rivela cruciale. Tra l'84 e il 904 c'è di mezzo uno scorcio temporale tra i più mesti ( in tal senso consiglio La Storia di Napoli, opera in due volumi di Antonio Ghirelli, Einaudi 77, il cui primo analizza le vicende della città dalle origini greche, il secondo a la storia della città dal 1860 a oggi). In effetti la Napoli del primo quarantennio unitario vive un crudo processo di emarginazione, le cui cause vanno ricercate nella perdita del rango di capitale, sia pure di un regno fuori Storia, nel tramonto di un'economia protezionistica e direi dal disinteresse antropologico e culturale che caratterizza i primi atti del nuovo Regno...

Tutto questo, sia chiaro, non ha nulla a che spartire con le secolari lamentazioni di cui il Sud è stato ed è tanto maestro. Una cosa è certa: lo stato di abbandono della città è certificato da numerose interpellanze parlamentari dell'epoca - la Serao non è dunque una voce isolata- che i governi sia di Destra risorgimentale che di subentrante Sinistra non accolgono con l'urgenza dovuta. E non è un caso che proprio in quegli anni l'azione unitaria veda stingere la spinta ideale in sporca etichetta di operazione coloniale ( in proposito è bene leggere le lettere dei soldati del Regio Esercito, per lo più padani, mandati a combattere il brigantaggio meridionale).
Il colera dell'84 funge da scoperchio, come sempre in Italia ma non solo, e il disgusto pone al centro dei fatti la questione meridionale. Il Risanamento citato nel libro dalla Serao (lo spianamento cioè del rettifilo, con la nascita del quartiere omonimo) costituisce la risposta dello Stato in termini di cieco e, in mancanza di meglio, salvifico abbattimento di quartieri malsani, operazione ripetuta dalle gestioni laurine con il nuovo rione Carità e reiterato col terremoto dell'80 con l'abominevole deportazione a Scampia.
Ma il 1904 è cruciale per un altro motivo. Dopo le convulsioni di fine secolo, culminanti con i fatti di Bava Beccaris, l'Italia trova un periodo di pace sociale e sviluppo con Giolitti. E del rinnovato clima, come accadrà più tardi nei 60, la città si giova. Il 904 è l'anno dell'inaugurazione delle acciaierie ILVA, se non ricordo male, un motore di ricchezza e ragguaglio civile che darà luogo a una certa rinascita negli anni 10. Da quel momento Napoli si avvia a diventare la terza città operaia del Paese, e la traccia del cambiamento è ravvisabile in 'Tre operai', di Carlo Bernari, un romanzo del 33 sulle lotte sindacali - secondo certa oleografia appannaggio del proletariato settentrionale - di tre lavoranti di una fabbrica napoletana.
Certo, in questi interventi dall'alto la Serao già ravvisa i sintomi di una malattia. 'Io voglio i galantuomini', mi sembra reclami. E al Sud ce ne sono tantissimi,ma stanno zitti. O abdicano, come il principe di Salina, a favore di Don Calogero, il Sindaco trasformista di Donnafugata.
Come non apprezzare la sua analisi premonitrice?



Carlo Capone




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