RACCONTI: I rubini nella notte


RACCONTI: I rubini nella notte

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 1097  
Si può parlare di nostalgia per il luogo di nascita? Nel mio caso forse no, se penso che quando ci torno e mi scappa la nuova cadenza risulto straniero. In un mondo, poi, in cui tutto cambia e il domani è già ieri si passa per stantii.
Ma oggi no, per una volta crepi la vergogna e viva madama tristezza, la ricordanza è una stella in perpetua vibrazione. Anzi, più il tempo scappa via più questa dolce malinconica signora, giovane vecchia ridente ragazza – ancorché fiera per arte, usi e gentilezze – ebbene sì, io temo svanisca, come l'aria di fresie al solstizio di Pasqua.
Un timore che prelude all’oblio? Non direi. Certe notti, quando il sonno è leggero, e la pioggia sui vetri risveglia i pensieri, quella donna riappare.
"Bonsuarè", le sorrido, guardando alla sua veste di stracci e rubini.
Fa la zita contegnosa, scuote il viso, lo atteggia come a dire 'mannaggia a' capa tua', poi china gli occhi. Per rialzargli di scatto, grandi e lustri di gocce di rugiada:
"Ma quando vieni? lo sai che ti aspetto"
"Ancora poco, mammà, sistemo un affare e faccio un salto".
"Eh, i salti! li conosco i tuoi arrivi. Un museo, pranzi e cene dagli amici, i pastori a san Gregorio e te ne vai. Neh, Tanì, è vero che nostro figlio è proprio un fetente?"

Mio padre ha il viso scavato, l' ho sempre sovrapposto a quello di Eduardo. "Se se, te cunosc'io attè, sei un ruffiano", mi sorrideva in vita compiaciuto.
Ora, in quelle notti di neve, se li vedo apparire, prima l'una e poi l'altro, la mano nella mano, i dubbi si fanno cicuta. Che bevo come un Socrate che accetta la colpa:
"Ma vi trattano bene? tutto a posto? guardate che caccio fior di biglietti!".
"Per carità, tutto bene. Sei d'accordo?", risponde lui rivolto alla moglie.
"Sìssì - ribatte lei -... che ti devo dire, lamentarci direi di no. Luce sempre accesa, marmo a cera... quand'è stato, Tanì, che sono venuti? ah sì, l'anno scorso. Sai com'è, s'era un poco scurito...."
"Eccerto, apposta ho telefonato, anzi, visto che c'ero ho mandato i soldi per i fiori".
Qui mio padre cambia espressione:
"Quelli finti?"
"Erano finti? e lo so, hai ragione. Ma dimmi tu, come faccio da così distante?"
I rubini di mia madre si incendiano come tizzoni, di una luce che non è lampo di gemma ma il riflesso di un amore.
"Appunto - mi carezza la mano - una volta almeno potresti venire di persona".

Carlo Capone


Pubblicato su Parliamone - 10 gennaio 2010
Permalink



TAGS:   
racconti