I profumi del vicolo… Il ragù alla genovese.


I profumi del vicolo… Il ragù alla genovese.

Pubblicato da: Admin  /  Letture: 3108  
campanileE’ piena estate, fa caldo, il tentativo di dormire in un'afosa notte agostana è interrotto dal ferreo suono del maestoso campanile che sovrasta la piazza vuota.
Con sei rintocchi mi avverte che non è " l'ora dell'amore" che l’alba è spuntata .
Mi affaccio alla finestra: il vicolo è pervaso da un turbine di profumi che lievi salgono a sollecitare le mie narici, distinguo il suadente aroma di burro e vaniglia delle brioches appena sfornate dal barista, per rifocillare i primi avventori.
Mentre questo aroma etereo svanisce, un profumo più intenso e complesso
sale……sale……sale,…………
… le mie narici sussultano, il mio cuore anche , lo riconosco è il profumo di certe domeniche della mia infanzia, è il profumo invadente del “ragu’ alla genovese”, che mia suocera sta facendo "pippiare" a fuoco lento; lo farà per molte ore ancora.
Penso, felice come un bimbo rallegrato da un dono, che sarà una domenica interessante dal punto di vista culinario.
Un’ansia irrefrenabile mi pervade, devo far partecipi altri di questa emozionante sensazione : mando un SMS all'amico Carlo con il quale cerco, come tento ora di fare con voi, di condividere queste sconvolgenti emozioni che mi riconciliano con il quotidiano della vita.


Il Ragu’ alla genovese
Ragù alla genoveseQuesto sugo è chiamato “alla genovese”, perché pare sia stato preparato per la prima volta alla fine del 1400 da certi cuochi genovesi che aprirono una taverna a Napoli alla Loggia di Genova, zona a ridosso del porto, dove la colonia genovese, di stanza a Napoli, si amministrava autonomamente.
Alcuni raccontano che osti genovesi, stabilitisi a Napoli nel 1600 , avevano l’abitudine di cucinare la carne in questo modo, altri affermano che a dare il nome a questo piatto fu un cuoco di nome Genovese.
Tipico piatto della tradizione napoletana, nulla ha a che vedere con la città della Lanterna : viene menzionato da Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino nobile napoletano con l'hobby della cucina, nella sua opera “Cucina teorico pratica” pubblicata nel 1837; in verita' prima di lui ne parla Vincenzo Corrado, nell’opera “Cucina Napoletana" nella prima edizione del 1832.
Se non è dato di sapere con certezza la paternità e l’origine dell’aggettivo “genovese” di questo piatto , certa era la consuetudine dei genovesi di cucinare, nella pentola di terracotta, con sughi vari “u tuccu”; un pezzo intero di carne, per poi separarlo e farne un ottimo secondo.
Pratica in verità usuale in molte altre regioni italiane, allora come oggi.
L’immensa e variegata tradizione culinaria napoletana nata per le continue interferenze , a volte sinergie, tra i fasti della cucina aristocratica delle numerose dinastie che si sono succedute e di quella più semplice e genuina della classi popolari, mi fanno supporre, con sufficiente sicurezza che, l’inventiva e la capacità di rielaborare dei napoletani, abbia accomunato la nobile carne alla più povera cipolla per creare questo succulento piatto, successivamente abbinato alla pasta.
- La pasta di grano duro da Napoli, sin dal 1833 (costruzione del primo stabilimento ), si diffuse su scala internazionale in tutto il mondo; facendo assumere ai napoletani la nomea di “mangia maccheroni” perdendo definitivamente quella di “mangia verdure" che sino allora li aveva contraddistinti.
- La cipolla, base di questo piatto, è uno degli ortaggi più antichi presenti nell' alimentazione dell’uomo;è raffigurata spesso anche negli affreschi delle tombe egizie (sempre loro).
Nei secoli scorsi la cipolla era tenuta nella massima considerazione, attribuendole virtù terapeutiche.
La scienza odierna ha ridimensionato l’importanza nutritiva della cipolla riconoscendogli solamente una lieve azione diuretica.
La cipolla contiene piccole dosi (0,05%) di un’essenza volatile irritante per gli occhi dal sapore acre e piccante, costituita principalmente da solfuro di allile-propile.
Per evitare questo inconveniente basta mondare l’ortaggio tenendolo immerso in una bacinella piena d’acqua fresca.
- Il tipo di carne più adatto per questa preparazione è il girello che a Napoli e' chiamano "lacierto" o in mancanza di questo, lo scamone o culaccio che, per i napoletani è il "primo taglio" .
Si può preparare anche con altri tipi di taglio meno nobili come il muscoletto o la parte magra del reale. Altre tipologie di carni si possono preparare con questo sistema per esempio io la preparo con il coniglio.
"'A Genovese” richiede molto tempo , dedizione e passione per la cucina.
Il sugo deve “pippiare” per molte ore, altrimenti come diceva Eduardo, non facciamo il ragù ma "a carna cu’ 'a pummarola", nella fattispecie "cu’ ‘a cipoll’ ".


Preparazione e ingredienti.

Non e' facile dare il quantitativo giusto degli ingredienti per questo tipo di piatto, vi darò quello che usava mia madre e che "donna Enrichetta", mia moglie, sapientemente ha elaborato e reso sublime.

Dosi per 4/6 persone
Carne, del tipo sopra descritto , 700/800 gr
Cipolla di Tropea 1,5 Kg
Sedano bianco , 1 Gambo
Carote 1 grossa
Vino bianco secco 2 bicchieri abbondanti
Pepe nero poco
Sale marino alla bisogna
Olio extra vergine 1dl ca.



Mondare le cipolle e tagliatele finemente ( è importante), servirsi eventualmente di un'affettacipolle.
Poichè questa operazione è difficoltosa per ovvie ragioni, è possibile tagliare grossolanamente le cipolle per poi passarle al setaccio manuale (niente minipimer o robot) una volta appassite in pentola (in napoletano "ammortute").
Preparare un trito con sedano e carote.
In un "tiano" di terracotta - se non lo possedete, in tempi moderni va bene anche una pentola antiaderente- fate rosolare il trito con le cipolle dopo un po' aggiungete la carne facendola rosolare e sfumare col vino bianco (questo è il momento dell'eventuale setaccio manuale) .
Ponete il tutto a fuoco lento, aggiungere un po' d'acqua , se avete del brodo di carne è meglio.
A pentola coperta lasciatelo "pippiare" fin quando la cipolla non sarà consumata completamente.
Durante questa fase bisogna evitare che la carne e le cipolle attacchino girando e aggiungendo acqua o brodo fin quando la carne non sarà cotta e le cipolle avranno raggiunto un colore ambrato con la consistenza di una crema vellutata.
Il tutto durerà almeno tre ore.


* La pasta con cui sposare tale ragù deve essere liscia: candele (tagliate rigorosamente in quattro parti), zitoni, paccheri o rigatoni. Se ve la potete permettere la pasta di "Gragnano" è il massimo.
Una volta condita la pasta, indispensabilmente al dente, spolverare con parmiggiano o pecorino, quest'ultimo da me preferito.
* La carne si mangia come secondo con contorno d'insalata di stagione con rucola e scaglie di parmiggiano o pecorino, condita con olio e succo di limone : il limone detergerà il vostro palato preparando le papille al boccone successivo.
* Importante bere il vino, che accompagnerete, tra un boccone di pasta e l'altro, evitate di bere dopo aver imboccato l' insalata, pregiudicherebbe la degustazione del vino.
Il tutto si può accompagnare con un buon bianco campano "Pallagrello bianco" delle terre del Volturno o "Falanghina" del Sannio.

Pallagrello biancoFalanghina



Buon appetito dal vostro Salvo De Rocas



TAGS: