Amore Lontano -


Amore Lontano - "Sebastiano Vassalli" (Einaudi) 2005

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Sebastiano Vassalli affronta in questo suo ultimo libro l'affascinante viaggio della parola attraverso i secoli. A metà strada tra un saggio ed un romanzo, Vassalli traccia il profilo di Omero, Qohelet, Virgilio, Rudel, Villon, Leopardi e Rimbaud, coloro che più hanno colpito la sua fantasia ed il suo cuore con l'uso magico della parola. I ritratti che escono fuori sono particolari, specialmente per chi, come me, ha conoscenze scolastiche di questi autori. Il sentimento di tormento che li accomuna, la vita quasi sempre breve e sofferta, sembra quasi un trait d'union che scavalca epoche e luoghi. I ritratti più affascinanti mi sono sembrati quelli di Virgilio, uomo scontentissimo alla fine del capolavoro che tramanderà il suo nome nei secoli, e quello più vicino, per tempo, studi e cittadinanza, del Conte Giacomo Leopardi, il quale afferma, a proposito di Napoli di non poter "più sopportare questo paese semibarbaro e semiaffricano", anche se deve ammettere che "da un anno e mezzo non posso altro che lodarmi della mia salute". Vassalli afferma che in queste parole si compie il miracolo di Napoli, che converte al gusto della vita il poeta della "Natura Matrigna" e "dell'appressamento della morte". Affascinante e misterioso è anche il ritratto che schizza di Jaufrè Raudel, forse per l'aura che ha sempre circondato i trovatori. Raudel è l'inventore della poesia come distanza, come "amore lontano". Discorso che continua poi con il "maledetto" Francois Villon, ladro, assassino, autore di un Lascito e di un Testamento in cui dipinge un affresco magistrale della società parigina dell'epoca. La particolarità è che tali componimenti erano stati scritti per un pubblico da osteria o per i suoi amici studenti della Sorbona, non certamente per fini "alti". La Conclusione di Vassalli merita un cenno, essendomi parsa la parte, forse, più bella del libro: "La parola è l'unica prova dell'esistenza di Dio (...) e ogni tanto ci manifesta la sua presenza per mezzo di uomini come Omero, o come Rimbaud" (...) E' l'unico miracolo possibile e reale, in un mondo dominato dal frastuono e dall'insensatezza. E' la voce di Dio"Mi sembra, sinceramente, un?affermazione bellissima, profonda. "La poesia è la vita che rimane impigliata in una trama di parole (...) Io dico "Il tacito, infinito andar del tempo" (Leopardi). E, dovunque io mi trovi, vedo l'universo con le sue galassie, e percepisco il silenzio degli spazi infiniti come una sensazione fisica. Mi sembra che tutto scivoli via, e di scivolare via insieme al tutto""Siamo personaggi di un poema indecifrabile e finito", ma "noi possiamo avere un'immagine di noi stessi (...) Quell'immagine era, è, e continuerà ad essere nel tempo finchè esisteranno degli uomini, la poesia."

Mercoledì, 11 Maggio 2005

Inviata da giaguaro


Commenti: Orso 12 Mag 2005 - 13:07
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Una recensione che zampilla dal cuore, che fa di Giaguaro un lettore rarissimo, direi senza retorica prezioso. La passione che lo lega ai libri si tocca con mano. Vassalli, il più manzoniano degli scrittori viventi, come ebbe a dire lui stesso a proposito del giudizio dei suoi critici. Ricordo una sua critica a I promessi Sposi. In sostanza, diceva a San Salvatore, Alto Vergante, Manzoni commette un errore di prospetiva storica. Un ras della Lombardia del 600 non manda i bravi a intimare che il matrimonio eccetera eccetera. No, se la ruba e zitti. E' semmai il signorotto dell'800 che segue la procedura raccontata. Quanto ai suoi romanzi concordo con Giaguaro che il migliore è 'Marco e Mattio' ( mi ricordai di quel libro a Pasqua, durante una gita nelle valli ampezzane e del bellunese), però questo saggio - e lo dico non avendolo letto. Merito di Giaguaro, dunque- contiene i frutti delle lunghe notti, magari insonni e in soffitte, passati a meditare sulla letteratura. Bellissima l'intuizione della parola come frammento di Dio. La parola, la parola, caro Giaguaro, questo siamo noi. Nel senso alto del termine, ovviamente.


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